Natura, Maremma ed Ecologia Mediterranea


Dialoghi tra un botanico e un ornitologo



A cura di Aldo Martina

“FA-UNA COSA GIUSTA: DIVULGA!” Gruppo pubblico di divulgazione scientifica

A
ngelo Meschini l'ho incontrato la prima volta tanti anni fa "ai tempi di Palo". Ero uno studente di Scienze Naturali in cerca di esperienze sul campo, così approdai alla S.R.O.P.U., un formidabile e molto apprezzato gruppo di ornitologi che f
aceva base all'Oasi del WWF Bosco di Palo Laziale, ad un tiro di schioppo dalla Capitale. Carlo Mascioli ho avuto modo di conoscerlo in occasione dell'uscita del loro libro (che non è solo un libro...) Dialoghi tra un botanico e un ornitologo (Edizioni MEF), un'opera coinvolgente, in cui il lettore "ascolta" gli autori che dialogano con manifesta passione di Natura, Maremma ed Ecologia Mediterranea. Angelo è l'ornitologo, Carlo il botanico, entrambi con una lunga esperienza professionale e di ricerca, entrambi maremmani; per me è stato un gran piacere intervistarli. 


Un ornitologo, un forestale e un libro scritto a due mani incentrato su un’area geografica davvero singolare: la Maremma. Che cosa ha di speciale per voi questa terra?

Angelo - Per me la Maremma è una casa allegra. È anche il mio psichiatra nei momenti difficili, oppure una tavolozza di colori che mutano d’umore come le stagioni, un volo invernale di occhioni mentre intorno è gelato e hai le mani e il cuore freddi. Maremma insomma non solo come area di studio e mosaico di ecosistemi ma anche e forse soprattutto un qualcosa di intimo e che ha a che fare con il mio profondo. 

Carlo - La Maremma per me è innanzi tutto qualcosa di familiare, nel senso che è radicata nei miei ricordi più lontani. Un territorio che ho iniziato a esplorare da bambino grazie ai miei genitori: mio padre è maremmano doc (di Orbetello), e infatti frequento il Monte Argentario da sempre, mia madre è nativa di un paese limitrofo al fiume Mignone, che della Maremma rappresenta il confine meridionale. Con gli anni, e poi con gli studi, è subentrato l’interesse per la diversità d’ambienti e per la ricchezza di specie, ma ancora oggi riesce a suscitare in me le stesse emozioni e lo stupore di quando ero piccolo. 

Un’impresa complicata quella di raccontare di una passione comune tramite le parole scritte. In due siete riusciti, e direi anche molto bene, a far coesistere diversificate competenze professionali con diversità di stile e soprattutto di carattere. Ne è uscito fuori un libro arricchito anche tra le righe. Qual è stato il vostro fattore di svolta?

Angelo - Hai ragione Aldo, non è stata un’impresa facile ed è stata possibile solo per l’amicizia che ci lega e per le uscite fatte insieme a raccontarci ognuno le sue esperienze. Poi ci siamo accorti che le cose che ci narravamo erano tutte di matrice “ecologica” e che unirle e testimoniarle in un libro sarebbe stato per noi una gioia, ma avrebbe potuto avere un interesse anche per i nostri lettori. Non necessariamente naturalisti professionisti, ma un pubblico curioso di fatti naturali, avido di conoscere le relazioni tra avifauna e vegetazione. Sullo stile abbiamo ragionato e pur nella differenza di sensibilità, quindi di scrittura individuali, il fil rouge doveva essere un racconto che potesse essere avvincente ma scientificamente rigoroso. E siamo partiti.

Carlo Con Angelo ci conosciamo e ci frequentiamo ormai da trent'anni, e concordo con lui che senza l’amicizia questo libro non sarebbe mai nato. Vivere insieme innumerevoli uscite in Maremma, interrogarci e confrontarci sui fenomeni di cui eravamo testimoni, raccontarci l’uno all'altro le esperienze in natura fatte altrove e in altri momenti, tutto ciò ha contribuito alla mia crescita umana e professionale, senza dubbio. In qualche modo un pezzo della cultura naturalistica di Angelo, e della sua umanità, è ormai parte indissolubile della mia persona e forse proprio questo ha permesso di far coesistere armoniosamente, nel libro, stili e sensibilità differenti. Poi lo scorso anno, all'improvviso, i tempi ci sono sembrati maturi per far conoscere agli altri una natura sovente trascurata o poco compresa e per questo sempre più minacciata.

Mi è piaciuto molto l’approccio escursionistico ed esplorativo che avete utilizzato per descrivere mille volti della Maremma. Avete dato spazio ai suoi numerosi abitanti raccontando di piante e animali senza mai esagerare ma mettendo sempre in evidenza le relazioni che li unisce, in un certo senso avete dato la voce a un “dialogo muto” tra esseri viventi. Lo stesso approccio al dialogo lo avete usato anche tra di voi. Ma è sempre così facile il dialogo tra chi si occupa di scienza e di ricerca?

Angelo -Ti rispondo di no e aggiungo a questo l’aspetto della divulgazione della scienza, dei risultati di ricerche. Non che non esistano notevoli esempi di divulgazione naturalistica ma li trovo sempre messi in modo piramidale. Una cattedra da cui scendono come pioggerella o grandine le informazioni vagliate e selezionate. Il nostro approccio è stato diverso e più orizzontale. Ci siamo buttati a terra all'ombra di un perazzo e ci siamo raccontati delle storie come si fa tra amici. Per me se dal libro esce questa comunanza umana e comunicativa, ecco sarei felice di ciò che abbiamo fatto.

Carlo - Sì, l’interesse principale è stato sempre rivolto alle relazioni tra le specie e l’approccio è stato quello delle nostre uscite in natura, esplorare, osservare e raccontare. Tra di noi il dialogo è stato facile forse perché ci siamo sempre rapportati alla pari, senza competizioni, e ciò ha contribuito a produrre un linguaggio semplice, naturalmente divulgativo. Per me questo aspetto è particolarmente importante, sarà che tra le letture dei miei vent'anni c’erano autori come J. H. Fabre che sapeva raccontare di entomologia con una passione oggi rara, mentre di solito in ambito scientifico non è che s’incontrino spesso testi avvincenti e coinvolgenti. In un’epoca in cui il sapere è specializzato e settorializzato e in cui l’umanità è sempre più distante dalla natura, ritengo che la divulgazione scientifica abbia un’importanza fondamentale proprio per consentirci di ricomporre il nostro rapporto con la natura.

Carlo, dal tuo punto di vista di forestale, quale descrizione o racconto di Angelo ti ha colpito maggiormente, e perché? 

Carlo - Questa è una domanda difficile, visto che ho potuto apprezzare ognuno dei racconti da lui fatti. Sicuramente hanno suscitato in me grande interesse i racconti inerenti gli ambienti forestali, come i querceti e le pinete, ma io sono un forestale sui generis che si emoziona anche di fronte a una sterpaglia di cardi fioriti senza nemmeno un albero! Per questo sono rimasto affascinato dalla descrizione degli ambienti steppici, dei pascoli pietrosi e aridi e delle colture estensive, di cui Angelo, grandissimo esperto di tali contesti, ha saputo narrare una natura pressoché sconosciuta, umile ma potente, con una narrazione talmente efficace che nel leggere pare di sentire l’odore dello sterco di pecora rinsecchito al sole e i canti dell’occhione. Ho apprezzato, tra le cose, l’amore narrato per i pastori, che con la loro fatica rappresentano la migliore difesa per tali ricchissimi habitat.

Ovviamente Angelo, anche a te pongo la stessa domanda. Quale narrazione di Carlo ha destato la meraviglia dello zoologo che è in te, e perché?

Angelo - Tutti! Altrimenti ci saremmo vicendevolmente cassati. Tuttavia se dovessi essere messo alle strette direi sia le considerazioni naturalistiche dell’ambiente urbano e soprattutto la narrazione del capitolo “Siepi e filari camporili”. Forse perché in questi ambienti si sovrappongono maggiormente le nostre conoscenze, quelle di Carlo prevalentemente forestali (ma non solo) e le mie, quelle di un ornitologo delle steppe, dei pascoli e degli agro-ecosistemi. Il tratteggio di Carlo l’ho trovato preciso e delizioso e soprattutto l’accento messo sulla conservazione di questi ecosistemi che spariscono lentamente nell'indifferenza generale è anche un aspetto per me cruciale e forse è il nucleo nascosto per cui il libro è nato ed ha iniziato a sussurrare prima e a urlare un pochino poi.

Raccontare di una terra, di un’area geografica, così ricca di storia, di cultura, di biodiversità, di pregi e di difetti non è cosa semplice, ci vuole tempo e competenza oltre che passione, come già detto. La Maremma è “tanto” (“tutto” per alcuni) e merita di essere coccolata, esattamente come avete fatto voi con Dialoghi tra un botanico e un ornitologo. Ora, permettetemi di buttarvela lì… siccome il vostro libro mi ha rapito, e lo dico da naturalista, come vedreste più avanti una seconda opera, una seconda puntata, in cui il botanico e l’ornitologo svelano altri dettagli ma nel dialogo coinvolgono anche un geologo? … io prenoterei una copia già da ora.

Per noi è sicuramente un'idea interessante: l’assetto vegetazionale di un luogo è espressione dei fattori ambientali, tra i quali la composizione del substrato di crescita ha un ruolo fondamentale, com'è ben noto e come è stato messo in rilievo nel libro, per esempio parlando della predilezione del leccio per gli affioramenti litoidi quando si trova fuori dal suo optimum climatico. Per quanto riguarda gli uccelli, non c’è dubbio che la presenza di alcuni taxa sia strettamente legata alla disponibilità di determinati substrati: è il caso delle specie che costruiscono nidi di fango come rondini e balestrucci o di quelle che scavano cunicoli come il gruccione, ma non è che ci siano molti studi su questo argomento. L’invito che ci fai è quindi molto allettante e sicuramente saremo lieti di ampliare il nostro libro con un capitolo che analizzi i rapporti tra piante, animali e geologia, appena affronteremo la seconda edizione del nostro libro.

Grazie Angelo e Carlo, per averci svelato le preziosità della vostra terra, che poi è terra di noi tutti.

Commenti

Posta un commento

Post popolari in questo blog

Pipistrelli: intervista al biologo Enrico Giudice

Il lupo non ha bisogno di tifoserie